Dieci anni fa moriva il Professore Lidio Gasperini, lo “studioso di cocci”

Era il 9 ottobre del 2009 quando inaspettatamente moriva Lidio Gasperini, il Professore, come spesso veniva chiamato in paese.

Lidio Gasperini era nato proprio a Canale Monterano, in Via della Case Nuove, il 6 Gennaio del 1932. Suo papà si chiamava Angelo, la mamma Serafina (detta Sara) e le sorelle Luciana ed Eva-Teresa: una famiglia semplice che si impegnò moltissimo per permettergli di sviluppare e coltivare la sua passione per il passato ed in particolare per l’archeologia. A Canale fu infatti uno dei primi, se non il primo, che si laureò con pieni voti e con lode in Lettere Classiche, indirizzo archeologico, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma.

Non tutti però in paese sapevano (e probabilmente non sanno neanche ora) quale fosse il suo lavoro. Studia i cocci” era la descrizione che spesso si sentiva quando si affrontava questo argomento.
In realtà con il tempo Lidio Gasperini, dopo avere insegnato per alcuni anni nelle scuole medie della vicina Manziana (all’epoca site nel Palazzo Tittoni) ed avere poi ottenuto l’abilitazione alla docenza universitaria, era diventato uno dei maggiori esperti a livello nazionale ed internazionale di epigrafia, la scienza che decifra e mira a datare le epigrafi, cioè quelle iscrizioni realizzate, generalmente ma non necessariamente, su un materiale poco corruttibile (i supporti scrittori di cui le iscrizioni si valgono sono i più vari), a fini di documentazione pubblica e durevole nel tempo.

A livello locale viene ricordato per avere fondato l’associazione Forum Clodii ancora oggi attiva ma soprattutto per i suoi studi su Monterano e sulle terme di Stigliano. Se oggi la bibliografia su queste due realtà è così ampia e i riflettori degli studiosi sono ancora puntati sul nostro territorio, buona parte del merito va attribuito a lui.

Restò sempre molto legato a Canale e alla semplicità con la quale era stato educato: amava tornare dall’università, vestito di tutto punto, con giacca e cravatta, per andare a “legare le viti” nella vigna che gli aveva lasciato il papà Angelo. Oppure invitare i suoi colleghi a casa sua per poi portarli a conoscere la terra dalla quale era scaturita la sua passione. O ancora farsi portare le fettuccine o le lumache cucinate dalle cuoche della Contrada Casenove.

A dieci anni dalla sua scomparsa, forse è oggi ancora più evidente il contributo che ha dato alla conoscenza e valorizzazione del nostro territorio e, di pari passo, con il tempo è cresciuto anche il rimpianto di non potere avere ancora il suo parere e non potere contare sul suo apporto.

Qualche giorno prima della sua morte, al tramonto, seduto sul davanzale di una delle finestre di casa sua che guardavano l’antica Monterano, rispondendo ad una mia domanda relativa alla possibilità o meno di costruire nel prato che aveva davanti , mi rispose: “non è possibile, il piano regolatore non lo prevede: questa vista resterà così per sempre.” 

E probabilmente era proprio quella vista e la voglia di conservare quei luoghi e tramandarne la storia che ha mosso la sua esistenza e ha dato sempre nuova linfa alla sua passione.

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